La persona che vuole cancellare completamente gli effetti di una condanna penale, tornando a essere come un incensurato, può chiedere la riabilitazione.
Che cos’è la riabilitazione?
La riabilitazione è un beneficio di legge che ha l’effetto di cancellare completamente gli effetti di una condanna penale. Chi ottiene la riabilitazione torna a essere come un incensurato.
La riabilitazione, insomma, chiude definitivamente una vicenda iniziata con il reato, proseguita con il processo e con la condanna.
Si tratta, dunque, di un risultato importante per l’interessato, che deve essere consapevole delle condizioni che la legge (art. 179 codice penale) richiede per poterlo concedere.
Chi può chiedere la riabilitazione?
La domanda di riabilitazione può essere presentata direttamente dall’interessato.
Tuttavia è quanto mai utile servirsi dell’opera di un avvocato. L’avvocato aiuterà, con la sua competenza e esperienza, l’interessato nella presentazione della domanda, degli allegati, della opportuna documentazione.
L’avvocato dispone di una apposita formazione che gli consente di dare consigli preziosi affinché la domanda sia accolta e di spiegare quando e perché non può essere accolta.
Se l’interessato si trova in condizioni economiche disagiate, può chiedere di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Quando si può chiedere la riabilitazione: i termini
In generale per la domanda di riabilitazione occorre che sia decorso un periodo di tre anni. Il termine per la domanda si calcola da quando è stata eseguita la pena inflitta con la condanna.
Il termine decorre soltanto dal momento in cui la pena è stata integralmente scontata.
Se si è ottenuta la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, occorre che sia stata pronunciata la dichiarazione di estinzione della pena (art. 47, comma 12, legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario”). Si ritiene peraltro che, in questo caso, il termine decorra dal giorno in cui l’affidamento è decorso positivamente.
Se la condanna ha inflitto una pena pecuniaria, il termine decorre dal giorno in cui la somma di denaro (multa o ammenda) è stata pagata.
Se l’interessato ottiene la dichiarazione di estinzione anche della pena pecuniaria, in forza del beneficio di cui all’art. 47, comma 12, legge 354/1975, il termine decorre dalla data dell’ordinanza che concede l’estinzione.
Se l’interessato è stato ritenuto recidivo aggravato il termine è di otto anni.
Il termine è invece di dieci anni per chi è dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Non può ottenere la riabilitazione chi è sottoposto a misura di sicurezza, finché la misura non è revocata.
Pena non eseguita e pena sospesa
È possibile che la pena inflitta non sia eseguita. Questo succede ad esempio perché viene condonata da un indulto o per altre cause che ne impediscono l’esecuzione.
In questi casi il termine per la riabilitazione decorre da quando la pena – che non è stata eseguita – si è estinta.
Tuttavia, nel caso di condanna a pena sospesa, il termine per poter chiedere la riabilitazione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza (legge 11 giugno 2004, n. 145, art. 3) e non dal momento il cui il reato si estingue (i termini sono indicati dall’art. 163 c.p.: solitamente cinque anni da quando la sentenza è divenuta definitiva, purché il condannato non abbia commesso un altro reato, salva la previsione di cui al comma 4 dello stesso art. 163 c.p.)
Riabilitazione e altre cause di estinzione degli effetti della condanna
La riabilitazione produce l’estinzione della pena e di ogni altro effetto penale della condanna.
Esistono altri benefici di analoga portata che vanno applicati per legge. Ciò avviene, in particolare, nel caso di sentenza patteggiata (art. 445, comma 2, c.p.p.) e del decreto penale di condanna (art. 460, comma 5, c.p.p.)
Nelle ipotesi indicate deve trovare applicazione l’effetto estintivo “automatico” del reato e degli effetti penali della condanna a preferenza della riabilitazione, salvo che esista una disposizione che richieda specificamente la riabilitazione o che il condannato indichi un interesse giuridico ad ottenerla.
Condizioni di ammissibilità della domanda: il pagamento delle spese
Una condizione per ottenere la riabilitazione è necessario aver pagato le spese di giustizia relative al processo che si è concluso con la sentenza per cui si chiede la riabilitazione, nonché le spese del mantenimento in carcere, se c’è stata carcerazione.
Le spese di giustizia non sono dovute nel caso di condanna per i decreti penali successivi al 1° gennaio 2000 (art. 460, comma 5, c.p.p.) e se la pena detentiva applicata non supera i due anni, anche nel caso di sentenza patteggiata (art. 445, comma 1, c.p.p.).
Condizioni di ammissibilità della domanda: il risarcimento del danno
Essenziale è l’adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato. Si tratta, in sostanza dei danni causati dal reato che si è commesso. Il danno deve essere risarcito anche se il danneggiato non lo richiede.
Se il danneggiato rifiuta di ricevere l’offerta, fatta – quando occorre – con le forme del codice civile (“offerta reale”), o comunque un’offerta di risarcimento seria quanto all’importo, concreta ed attuale, si ritiene che il condannato abbia fatto tutto ciò che poteva per risarcire il danno.
In questo caso la riabilitazione può essere concessa, anche se il risarcimento non si è di fatto realizzato. Non è sufficiente una generica disponibilità manifestata al danneggiato e tanto meno la richiesta di rinunciare al risarcimento.
Il danno deve essere risarcito anche se la sentenza non ha condannato al risarcimento e anche se il danneggiato non si è costituito come parte civile nel processo penale.
Risarcimento del danno e prescrizione
Il danno deve essere risarcito anche se l’azione civile è prescritta.
Spetta all’interessato dimostrare il risarcimento o, in alternativa, le iniziative adottate per effettuarlo. L’interessato deve produrre una dichiarazione autentica della persona offesa di aver ricevuto il risarcimento e di essere completamente soddisfatta.
Si ritiene sufficiente l’autenticazione del difensore accompagnata dalla copia di un documento di identità della persona offesa. Il Tribunale potrà effettuare opportune verifiche.
L’interessato deve dare dimostrazione di aver fatto il possibile per rintracciare la persona offesa o i suoi eredi. Se non è stato possibile rintracciarli, potrà provvedere a una attività riparatoria, ad esempio versando una somma a associazioni senza scopo di lucro che curano la riduzione di danni analoghi a quello provocato dal reato o curano interessi generali. Ciò, in particolare, quando il reato abbia provocato danni a interessi collettivi, come nel caso di danni ambientali, paesistici, al patrimonio artistico, alla sicurezza nel lavoro, e simili.
Si ricorda che il risarcimento, oltre a essere un parametro autonomo di valutazione ai fini di riabilitazione, è un criterio che concorre alla valutazione della buona condotta.
Se il condannato si trova in condizioni economiche che non gli consentono di provvedere al risarcimento, la riabilitazione può essergli concessa anche se non ha risarcito. Tuttavia, se è in condizioni risarcire parzialmente, è tenuto a farlo. In definitiva, il riabilitando deve fare un serio sforzo per risarcire il danno integralmente o, se non può, almeno parzialmente.
È onere dell’interessato offrire al Tribunale le opportune indicazioni circa le sue condizioni economiche.
Spese di giustizia e mantenimento in carcere: rimessione del debito
Per ciò che attiene alle spese di giustizia e di mantenimento in carcere è possibile richiedere, a determinate condizioni, indicate nell’art. 6 del D.P.R. n. 115/2002 (si tratta del già ricordato “Testo unico in materia di spese di giustizia”) la remissione del debito. La remissione del debito non produce effetto sulle obbligazioni civili relative alle restituzioni e al risarcimento del danno provocato dal reato. Informazioni sulla presentazione dell’istanza di remissione del debito sono disponibili in questa stessa sezione del sito.
La buona condotta del condannato
Il requisito fondamentale per ottenere la riabilitazione è la buona condotta. Per aversi “buona condotta” non basta l’assenza di reati o di pendenze penali nel periodo (tutto il periodo) preso in considerazione per la riabilitazione. Si richiede qualcosa di più.
Chi chiede la riabilitazione deve dare prova di essere pienamente recuperato alla società, mediante un comportamento rispettoso delle leggi e responsabile nell’ambito delle relazioni familiari e sociali.
Il richiedente ha l’interesse a fornire le prove di questo “qualcosa in più” e dovrà almeno indicare come, nel caso concreto, possa essere accertata la sua condotta.
Il Tribunale chiede informazioni agli organi di Polizia, ma non sempre essi sanno se l’interessato ha realizzato qualche spontanea attività socialmente utile, se ha dato prova di un particolare impegno nel lavoro, nello studio, nella famiglia, ecc.
Buona condotta: termini per la valutazione
La buona condotta è presa in considerazione sia nel tempo minimo richiesto per la domanda di riabilitazione, ma anche nel tempo successivo sino alla decisione.
Non sarà riabilitato chi ha commesso un reato, anche lieve, nel periodo minimo per richiedere la riabilitazione. Anche se la commissione di un reato, specie se particolarmente lieve, non è di per sé ostativa alla concessione della riabilitazione. Riguardo ai carichi pendenti sarà effettuata una valutazione caso per caso.
Se la domanda di riabilitazione è respinta per difetto del requisito della buona condotta, non può essere riproposta prima del decorso di due anni dalla decisione di rigetto.
Cosa si deve allegare alla domanda di riabilitazione
Il codice di procedura penale prevede che la documentazione relativa alla riabilitazione sia acquisita dall’ufficio.
Tuttavia l’ufficio può non sempre conosce fatti utili all’accoglimento della domanda, noti all’interessato e che costui può documentare con facilità.
La complessità dell’istruttoria può ritardare i tempi della decisione quando le condanne per le quali si chiede la riabilitazione sono più di una.
L’interessato ha l’onere di indicare i fatti utili alla decisione favorevole che sono noti soltanto a lui (ad es.: se e quando ha risarcito il danno).