Cos’è la querela
Il codice penale agli articoli 120 e seguenti stabilisce che per alcuni reati la persona offesa può subordinare l’esercizio dell’azione penale alla manifestazione di volontà della stessa di chiedere la punizione dell’autore del reato.
Il Pubblico Ministero potrà esercitare l’azione penale solo se la vittima del reato sporge querela. Quindi la querela diventa una “condizione di procedibilità”. Senza la querela il reato non sarà perseguito.
La querela è dunque una condizione di procedibilità consistente nella dichiarazione della persona offesa in ordine alla volontà di procedere penalmente contro agli autori del reato. Spesso la querela integra la notizia di reato, cioè della comunicazione alle autorità procedenti di una fattispecie che, secondo la legge penale, costituisce reato.
Differenza fra denuncia e querela
I reati perseguibili a querela di parte sono solitamente di minore gravità rispetto a quelli procedibili d’ufficio. Può trattarsi tanto di delitti quanto di contravvenzioni. La differenza fra denuncia e querela è la seguente: ove il reato sia procedibile d’ufficio non potrà parlarsi mai di querela ma di denuncia.
Ove il reato sia procedibile a querela di parte, il querelante comunicherà all’autorità procedente sia la notizia di reato che la volontà volta alla punizione del querelato. Nella circostanza in cui ci si trovi di fronte ad un reato perseguibile a querela di parte, è importante chiarire che l’azione penale sarà sempre esercitata dall’accusa.
Il Pubblico Ministero, infatti, rimane il dominus dell’azione penale. La persona offesa, invece, sarà soggetto processuale. In ogni caso, la persona offesa avrà sempre la possibilità di ritirare la querela dalla stessa proposta, rendendo così improcedibile l’azione penale.
La denuncia invece non sarà altro che la comunicazione della notizia di reato alla pubblica autorità, ma non una condizione di procedibilità (senza denuncia è comunque possibile che si attivi un procedimento penale). Nel caso di reato procedibile d’ufficio, anche in difetto di denuncia della persona offesa, il reato sarà perseguibile e l’azione penale esercitata.
Entro quando presentare querela: i termini
La disciplina per il termine della proposizione di querela è prevista all’articolo 124 c.p. Il primo comma dell’art. 124 c.p. dispone che la querela possa essere proposta non oltre tre mesi dalla notizia del fatto che costituisce reato.
Il termine è di 3 mesi (e non di novanta giorni, attenzione!), dalla notizia del fatto che costituisce il reato e non dalla data in cui lo stesso è stato consumato. Questo aspetto è importante che sia sottoposto alla attenta valutazione di un Avvocato penalista.
In alcune circostanze il termine per la proposizione può essere diverso. Nel caso del reato di stalking ad esempio, il termine è di 6 mesi. Con le novità introdotte dal Codice Rosso (L. 69/2019), nel caso di reati contro la libertà sessuale, il nuovo art. 609 septies c.p. prevede il termine di 12 mesi.
Come e dove presentare una querela
L’articolo 337 c.p.p. è la norma che disciplina le modalità con le quali si può proporre querela.
La persona offesa potrà rivolgersi al Pubblico Ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria che si accerterà dell’identità personale del querelante e redigerà verbale con data certa. Lo stesso verbale è sottoscritto dal querelante.
Per sporgere querela è quindi possibile rivolgersi all’autorità di Polizia (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza ecc.) più vicina. Quanto contenuto nella querela sarà inviato dall’Autorità di Polizia direttamente presso l’ufficio competente.
Per presentare una querela non è necessaria l’assistenza di un avvocato. Tuttavia l’aiuto di un avvocato penalista è fondamentale. Infatti al termine di una tempestiva e approfondita consulenza legale, il proprio Avvocato penalista di fiducia, saprà redigere una querela completa anche dell’eventuale affinché la notizia di reato trasmessa in Procura non sia poi archiviata.
Presentazione della querela: dopo cosa succede
Le conseguenze della presentazione della querela sono l’immediata attivazione delle indagini, se la Procura della Repubblica ravvisi una fattispecie costituente reato nella narrazione del querelante.
Laddove viceversa la procura non ritenga di doversi procedere contro il querelato né contro alcuno, formulerà una richiesta di archiviazione. Viceversa, quando il Pubblico Ministero ritiene che i fatti narrati nell’atto di querela costituiscano reato potrà formulare, ad esempio, una richiesta di rinvio a giudizio o chiedere l’emissione di un decreto penale di condanna.
La remissione di querela: cos’è e quando si può fare
L’articolo 340 c.p.p. disciplina la remissione di querela, anche detto in gergo ritiro di querela.
Al querelante è riconosciuta la possibilità di rimettere la querela proposta in ogni tempo e in ogni stato del processo, fintantoché non sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna. La remissione di querela fa venire meno la condizione di procedibilità a carico dell’indagato o imputato (a seconda che ci sia stato o meno un rinvio a giudizio).
Le spese processuali del giudizio, secondo quanto stabilito dal quarto comma dell’art. 340 c.p.p., sono a carico del querelato se non è stato convenuto diversamente.
La remissione di querela espressa è una dichiarazione “fatta e accettata personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione ricevuta dall’autorità procedente o da un ufficiale di polizia giudiziaria” (art. 340 c.p.).
Il codice penale all’art. 152 c.p., invece, prevede la possibilità di rimettere tacitamente la querela proposta. La remissione tacita deve avvenire per fatti concludenti, ma univocamente interpretabili nel senso di una volontà remissiva.
La remissione deve essere accettata dal querelato, ma non necessariamente tale accettazione deve essere espressa: è possibile infatti l’accettazione tacita della remissione di querela.